La sottospecie occidentale
T. h. hermanni si trova in Italia, comprese le isole di Sicilia e Sardegna, lungo le zone costiere (ad esclusione delle regioni nord-orientali), in Francia meridionale, compresa la Corsica, e in Spagna nord- occidentale, comprese le isole Baleari.
T. h. boettgeri è la sottospecie orientale, il cui areale comprende i Balcani, dalla Slovenia fino alla Bulgaria e parte della Turchia occidentale. Questa sottospecie potrebbe essere presente anche in alcune regioni d’Italia oltre il confine con la Slovenia, ma a parte alcuni casi di introduzione causata dall’uomo (come accaduto nel Bosco della Mesola), è da considerarsi sottospecie alloctona nella nostra penisola. Il carapace e il piastrone hanno un colore di base giallo o olivastro, con macchie e disegni neri su ogni scuto, che variano in base alla sottospecie o alla popolazione. Lo scuto sopracaudale, nella maggior parte dei casi, è diviso in due, il piastrone è privo di cerniere mobili, sulla punta della coda vi è un astuccio corneo, e ai lati della stessa non sono presenti tubercoli. Distinguere le due sottospecie è abbastanza semplice, ma occorre osservare molti particolari e trarre le dovute conclusioni, poiché per ognuna delle caratteristiche tipiche vi sono le eccezioni, quindi l’identificazione va fatta dopo una dettagliata analisi.
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La sottospecie T. h. hermanni ha colori più scuri e raggiunge minori dimensioni, raramente oltre i 20 cm; sotto gli occhi dietro la bocca, presenta delle squame di colore nettamente più chiaro rispetto al resto della testa, che formano le cosiddette “guance gialle”; sul quarto scuto vertebrale è presente una macchia nera al centro, come negli altri scuti vertebrali che lo precedono; sul quinto scuto vertebrale il contorno nero crea un disegno al centro solitamente detto “serratura” poiché, nella maggior parte dei casi, ricorda la forma di quest’ultima, anche se è possibile notare casi più simili a un “fungo”, un “albero”, un “vulcano” o qualsiasi altra immagine la nostra fantasia preferisca. Lo scuto sopracaudale è diviso in due; la sutura pettorale del piastrone è di lunghezza inferiore alla sutura femorale; le macchie sul piastrone sono continue e formano due fasce nere più larghe; gli scuti gulari sono privi di macchie, osservandoli dalla parte del piastrone, ma nella parte interna del carapace possono essere presenti delle macchie, comunemente dette “baffi gulari”. Di contro, T. h. boettgeri raggiunge maggiori dimensioni, fino a 30 cm, e ha una colorazione più chiara.
Alcuni esemplari in età adulta possono diventare completamente gialli, nonostante alla nascita presentino macchie nere al pari di altri esemplari che continuano a mantenerle fino alla vecchiaia; generalmente non presenta “guance gialle”, se non leggermente accennate in alcuni casi; sul quarto scuto vertebrale può o meno essere presente una macchia nera centrale; sul quinto scuto vertebrale manca il disegno a “serratura”; lo scuto sopracaudale spesso è unico e non diviso in due; la sutura pettorale del piastrone è più lunga della sutura femorale; le macchie del piastrone sono discontinue e possono interessare o tutti gli scuti (dai gulari agli anali) o concentrarsi su quelli centrali. In cattività purtroppo sono molto diffusi casi di ibridi tra le due sottospecie, e di conseguenza l’identificazione risulta difficoltosa, poiché tali individui inevitabilmente avranno caratteristiche intermedie.
Ciò non vuol dire che se un esemplare non presenta una delle rispettive caratteristiche della sottospecie elencate precedentemente allora siamo in presenza di un ibrido, dato che è normale che ci sia una certa variabilità, ma solitamente, se arriviamo a contare fino a 3 anomalie rispetto agli standard, si può metterne in dubbio la purezza senza grandi margini di errore.
Gli ibridi tra sottospecie non presentano problemi di salute e non sono mai sterili, ma è comunque importante mantenere, anche in cattività, ciò che la natura ha selezionato nel corso di milioni di anni, e la salvaguardia di questi animali passa anche dal rispetto genetico delle specie e sottospecie. Per lo stesso motivo, oltre a mantenere insieme solo esemplari della stessa sottospecie, quando possibile si dovrebbero selezionare anche in base alla specifica origine geografica, dato che al di là delle sottospecie, ci possono essere ulteriori differenze nella morfologia tra una popolazione e un’altra, come conseguenza dell’adattamento all’ambiente naturale in cui si trovano.
Questo principio eticamente corretto, purtroppo sta avendo una conseguenza negativa nell’ambiente degli allevatori, dove si specula su presunte differenze in base all’origine geografica, in modo da aumentare le “tipologie” di tartarughe da aggiungere alla propria collezione, e la richiesta di esemplari dall’origine geografica certa di conseguenza incrementa il bracconaggio.
Si tende ad associare un cosiddetto “ceppo” a ogni regione italiana in cui la sottospecie nominale è presente in natura, quindi si sentirà parlare della Testudo hermanni hermanni del “ceppo laziale”, piuttosto che del “ceppo calabrese” e via dicendo. Ovviamente tale distinzione è assurda, dato che gli animali non conoscono la geografia politica e i confini tra una regione e un’altra (isole escluse) non comportano cambiamenti immediati nella morfologia di una tartaruga una volta oltrepassati. Una T. h. hermanni a Nord del Lazio, probabilmente sarà indistinguibile da una del Sud della Toscana, e altrettanto una T. h. hermanni a Sud del Lazio sarà probabilmente uguale a un esemplare del Nord della Campania. Quindi, nei casi in cui tali differenze possano realmente esserci, non vanno cercate all’interno della regione in generale, ma nella particolare area ambientale in cui si trovano. Ad esempio, gli esemplari del Gargano si caratterizzano per essere di piccole dimensioni e per avere un carapace fortemente rotondeggiante e cupuliforme, ma ciò non significa che tutte le T. h. hermanni pugliesi rientrino in questa descrizione.
Altro esempio: nei monti Nebrodi è possibile riscontrare esemplari dalle notevoli dimensioni, e in alcune femmine adulte, ai lati della coda, sono presenti dei tubercoli simili a quelli di Testudo graeca (normalmente assenti nella specie Testudo hermanni), ma ciò non significa né che tutti gli esemplari dei Nebrodi presentano i tubercoli, né che tutti gli esemplari siciliani siano di grandi dimensioni. Ne consegue che riuscire a distinguere tra loro le popolazioni di T. h. hermanni rimane pressoché impossibile.
Anche da un punto di vista genetico non vi è una differenza significativa, essendo tutte le popolazioni presenti nella penisola italiana incluse in un unico aplotipo. Invece le popolazioni della Sicilia e della Sardegna, insieme a quelle della Corsica, costituiscono un altro aplotipo. Se nella sottospecie occidentale vi è una notevole omogeneità, al contrario nella sottospecie T. h. boettgeri è possibile riscontrare numerose differenze morfologiche e genetiche tra una popolazione e un’altra, sebbene non sembrino comunque sufficienti da giustificare la descrizione di ulteriori sottospecie. L’opinione in merito non è unanime, infatti alcuni autori descrivono una terza sottospecie, Testudo hermanni hercegovinensis, distribuita lungo la costa orientale del Mar Adriatico, dalla Slovenia fino a Montenegro. Addirittura si ipotizza un suo status di specie, quindi Testudo hercegovinensis, separata da Testudo hermanni e sue sottospecie. La questione va chiarita sulla base di nuove indagini genetiche.
Il carapace è a cupola con il punto più alto situato posteriormente al centro, il piastrone ha macchie discontinue spesso assenti sugli scuti gulari e anali, o presenti su un solo lato. Caratteristica tipica di questa “popolazione”, è la mancanza degli scuti inguinali, ma non è sufficiente osservare questo per identificarla, poiché sebbene questa caratteristica sia stata riscontrata in una media di oltre il 60% degli esemplari, è possibile anche nelle altre popolazioni, inclusa la sottospecie T. h. hermanni. Un’altra possibile sottospecie, attualmente inclusa in T. h. boettgeri, è rappresentata da una popolazione presente nel Peloponneso che, nonostante non abbia avuto attribuito un nome scientifico, una sua ipotetica rivalutazione da un punto di vista genetico sarebbe giustificata quanto T. h. hercegovinensis. Di conseguenza, in riferimento alla sua origine geografica, possiamo limitarci a chiamarla Testudo hermanni “peloponnesiaca”. Oltre alle ridotte dimensioni, caratteristica tipica di questa popolazione è il colore del piastrone, quasi totalmente nero. Per tali motivi, osservando solo il piastrone, alcuni esemplari potrebbero essere confusi con una T. h. hermanni, ma il carapace e le altre caratteristiche rientrano in quelle tipicamente attribuibili a T. h. boettgeri.
Per quanto riguarda il dimorfismo sessuale, i maschi sono più piccoli delle femmine, hanno il piastrone concavo, gli scuti anali che formano un angolo più aperto, quasi piatto in alcuni casi, una coda larga alla base e lunga, che ripiegata su un lato oltrepassa gli scuti anali; lo scuto sopracaudale è rivolto verso l’interno (a protezione della coda), il carapace ha una forma quasi trapezoidale, e la testa è leggermente più allungata rispetto alla femmina. Tutte queste caratteristiche sono riscontrabili in esemplari pienamente adulti. In esemplari piccoli o sub-adulti, va presa in considerazione solamente la coda.
Non è possibile capire il sesso di esemplari appena nati, se non tramite indagini specifiche da parte di un veterinario, o ipotesi sulla base della temperatura di incubazione delle uova, in caso di nascita in cattività. Infatti, a temperature inferiori ai 30°, nascono tutti maschi, tra i 30-32° maschi e femmine in proporzione variabile, e a 32,5-33° nascono principalmente femmine.
Una temperatura di incubazione costante a 34° può essere letale per l’embrione. Questi dati, per quanto attendibili in linea generale, andrebbero rivalutati in base alla provenienza geografica. Infatti, considerando che per natura nascono sia maschi che femmine in ogni popolazione, è facilmente intuibile che i limiti che influenzano il sesso non possono essere gli stessi ad esempio tra una T. h. hermanni della Sardegna ed una T. h. boettgeri della Bulgaria.
Durante il rituale di accoppiamento, il maschio insegue la femmina e la morde ripetutamente sugli arti e sulla testa, ma evita di colpirla con il carapace, trattamento che invece riserva agli altri maschi durante gli scontri. Quindi, tra le specie del genere Testudo, si può considerare la più tranquilla da questo punto di vista, e ciò permette di tenere sempre insieme un maschio con le femmine, mantenendo comunque un rapporto di due o tre femmine per ogni maschio, cosa che spesso non è fattibile con T. marginata o T. graeca, dove le attenzioni dei maschi sono insistenti e comprendono colpi ripetuti alla corazza delle femmine, che possono portare a gravi ferite.
Gli accoppiamenti avvengono soprattutto in autunno e subito dopo il letargo, ma durante la fase delle deposizioni (fine primavera e inizio estate) normalmente i maschi dimostrano poco interesse per le femmine, lasciandole più tranquille di cercare un posto adatto dove deporre le uova sotto terra. Durante la stessa stagione le femmine depongono due o tre volte, e ogni deposizione conta in media 3 uova nella sottospecie T. h. hermanni, invece in T. h. boettgeri il numero di uova per covata può essere il doppio o anche il triplo. Ciò dipende dalla grandezza della femmina, oltre che da una corretta alimentazione ed esposizione ai raggi solari.
Le uova si schiudono dopo circa 3 mesi in ambiente naturale; in una incubatrice, in cui la temperatura è più costante, i tempi si riducono a 50-60 giorni. I piccoli alla nascita sono perfettamente autonomi e hanno le medesime necessità degli adulti, con la differenza che passeranno un maggior tempo della giornata nascosti a riposare. Per natura la maggior parte delle nascite avviene in autunno, quindi in concomitanza con il periodo in cui questi animali iniziano a rallentare la loro attività per prepararsi al letargo invernale. Questa condizione non è causale, infatti i nutrimenti avuti dal sacco vitellino, all’interno dell’uovo, sono sufficienti per mettere i piccoli in condizione di superare il primo inverno. Non occorre quindi far saltare questa condizione naturale nemmeno in cattività, dove l’unica accortezza nei confronti di esemplari appena nati, può essere rappresentata da una somministrazione di acqua per farli bere e idratare, con maggiore regolarità.
La dieta di questa specie è strettamente vegetariana, ma trattandosi di animali opportunisti non disdegnano all’occorrenza piccoli invertebrati quali lumache e lombrichi, oppure carcasse e feci di altri animali. In cattività, dove la carenza di cibo non è un problema, occorre fare più attenzione alla qualità di quest’ultimo, somministrando solo cibi di origine vegetale, costituiti da piante ed erbe spontanee ricche di fibra e calcio, come tarassaco, ortica, trifoglio, malva, piantaggine, grespino, cicoria e molte altre.
Una dieta con un rapporto calcio/fosforo a sfavore del primo, e ricca di proteine porterà alla cosiddetta “piramidalizzazione” del carapace, ovvero a una crescita deforme degli scuti e conseguenti problemi all’apparato scheletrico e agli organi interni. Per una corretta crescita anche il microclima gioca un ruolo fondamentale, infatti un ambiente poco umido, con un substrato secco e privo di piante dove trovare riparo, si è visto essere uno dei principali fattori in cattività che porta alla piramidalizzazione. Occorre quindi ricreare un ambiente il più simile possibile a quello naturale, utilizzando cespugli come zone di riparo e lasciando crescere quella che comunemente viene considerata “erbaccia”, poiché sarà questa a mantenere un giusto grado di umidità nel substrato, che consentirà, soprattutto ai piccoli, di crescere con una forma corretta.
È una specie che mal sopporta il mantenimento in un terrario, dove risulta difficoltoso ricreare un ambiente a clima mediterraneo umido. In Italia Testudo hermanni è presente in molti giardini e abitazioni private, e il numero degli esemplari detenuti in cattività supera di gran lunga quello in natura, ma purtroppo si tratta per la maggior parte di esemplari detenuti illegalmente. L’ultima “sanatoria” in Italia è avvenuta nel 1995, e non ce ne saranno altre. Successivamente a questa data è possibile detenere, vendere o acquistare solamente esemplari muniti di regolare documentazione CITES.